Chi mi ama mi segua.

Parecchia carne al fuoco, sarà un lavoro lungo. Intanto alcuni nomi di riferimento: Emanuele Pirella, Pino Pilla, Enrico Radaelli, Aldo Cernuto, Nicoletta Verga, Gigi Barcella, Michele Goettsche, Luigi Cardone, Franco Lualdi, Tiziano Campolmi, Bianca Maria Allevi, Arrigo Frisoni, Pietro Vaccari ed altri che ricorderò in corso d'opera. Persone con cui ho avuto realmente a che fare e che hanno segnato il mio modo di pensare.

Life in Milan

Leoncavallo, le estati in centro sociale, i gavettoni, la Scuola popolare di Musica, usare la sala di montaggio video d'angenzia per registrare demo di nascosto nei weekend, la capocciata presa andando in sala-prove, il compleanno di Roberta Tudisco, i concerti visti con zia Vanna in visita da Trieste e quello di Prince visto con Bianca Maria, i passaggi a Milano di Paolo Ravalico in casa di zia Vera quando lei non c'era, lo spettacolo gitano e Las Furas das Baus nella fabbrica dismessa visti con Nicolò, la sua casa in via Sarpi nel quartiere che adesso è dei cinesi, le estati con l'amico di Firenze in visita, il padre di Nicolò e lo studio che voleva inaugurare. Quel maledetto Halloween in cui collassai e finii a casa Romano, la strana storia con l'assistente di Romeo Gigli, il pittore gradese che venne a presentarsi in Pirella, Roberta ed il colloquio con Vaccari, i layout tirati fuori orario per dare una mano a quell'ingrato di Paolo Prossen. I freelance per Giovanni e Andrea, le serate a casa di Tiziano. La libraia "impegnata" e l'appartamento arredato con libri dappertutto nella stessa casa di ringhiera dove abitava anche Paolo Rossi di cui avevo visto il primo spettacolo milanese. Clara Dumas, il suo compagno chitarrista ed un basso lasciato in affido per anni. Papelio, Sesto San Giovanni, il centro sociale "La Corte del Diavolo", i murales fatti per bilanciare i layout d'agenzia, il corto circuito intellettuale.

 

Casa Medi, Barona, mansarda, preti.

Quattro case in cinque anni, la frenesia degli spostamenti, la casa immensa di zia Vera Medi, amica di famiglia, dove dormivo nella mansarda. L'appartamento alla Barona che nonna Miretta mi aiutò ad affittare, coabitando con Daniele Sabadin da Trieste. La mansarda di Antonietta, stretta e fredda ma piena d'amore e la stanzetta finale nella casa comune degli studenti di proprietà dei preti con vista sull'oratorio a cui cambiai tutti i punti luce perchè odiavo i neon. L'ultima notte dormendo in centro sociale e le stazioni dei treni, non-luogo molto frequentato al punto da diventare il unto di riferimento più stabile di quegli anni fra Trieste e Milano.

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Milano forever

Non riesco a vivere in una grande città. Mi serve uscire di casa o dal lavoro ed essere a non più di mezz'ora da spazi aperti ed orizzonti vasti nella natura. Percepisco le emozioni delle persone e ce ne sono troppe, non riesco a rilassarmi: ho bisogno di tenere la mente costantemente impegnata per non pensare al fatto che sono circondato da edifici ed umani a perdita d'occhio. Milano è l'unica metropoli dove ho vissuto così a lungo, dove torno quando voglio sentir lo scorrere del tempo presente secondo una mia misura. Ho auvto bisogno di sincronizzarmi con lo "zeitgeist" della mia epoca e Milano, più di Londra o di Roma, è riuscita a farmelo capire.

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Antonietta Tragno

Sapessi come non è poi così strano sentirsi innamorati a Milano: storia di una mansarda, due colleghi ed una vespa.

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Vera Medi

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Emanuela Pirella

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